L’intricata vicenda del sepolcro e delle ossa di Dante

L’intricata vicenda del sepolcro e delle ossa di Dante

Siamo lieti di annunciare la pubblicazione del volume L’intricata vicenda del sepolcro e delle ossa di Dante, di Giuseppe Matteucci.

Una storia lunga sette secoli

Il sommo Dante non ha mai avuto pace né da vivo e nemmeno da morto. E lo dimostra il fatto che dopo sette secoli dalla sua scomparsa stiamo ancora a discutere sulla vicenda delle sue ossa, una storia che parte da lontano e precisamente dal 1519 quando Firenze chiese a Ravenna di portare a Firenze le ossa del poeta. Non era la prima volta che i fiorentini pretendevano di avere le spoglie del poeta nella sua città natale, ma questa volta la richiesta era suffragata da papa Leone X che aveva autorizzato una delegazione di recarsi a Ravenna per prelevare le ossa e portarle a Firenze.
Ravenna all’epoca era ritornata sotto il Governo pontificio e pertanto al papa bisognava ubbidire. Non furono dello stesso avviso, però, i frati Francescani che dal 1261reggevano la basilica di S. Pier Maggiore (conosciuta poi come S. Francesco) e che si erano sempre considerati i custodi della Tomba di Dante dal momento che si trovava nella loro giurisdizione. I fatti sono arcinoti.
In una notte imprecisata i Francescani trafugarono le ossa dalla Tomba e le nascosero nel loro convento dove rimasero fino al 1810 quando, a causa delle leggi napoleoniche sulla soppressione degli ordini religiosi, dovettero abbandonare il convento. Prima di abbandonare Ravenna, però, decisero di nascondere le ossa e le murarono all’interno del Quadrarco di Braccioforte e lì rimasero fino al 1865 quando, a seguito dei lavori di ristrutturazione della zona, vennero casualmente scoperte. E oggi per nostra fortuna le ossa sono ancora a Ravenna conservate come un prezioso tesoro che dà lustro alla città insieme ai suoi mosaici. Sulla vicenda delle ossa del poeta è stato scritto molto e Corrado Ricci, alla fine dell’Ottocento aveva chiuso il discorso raccontando nel suo Ultimo rifugio di Dante Alighieri come andarono le cose.
Ma, come si dice in questi casi, mai dire mai. Alcuni passaggi poco chiari del racconto del Ricci, infatti, sembravano non reggere alla luce di una accurata indagine e Giuseppe Matteucci, scrupoloso indagatore, ha voluto dire la sua. Senza spocchia e presunzione ha inteso proporre una nuova riflessione su tutta la vicenda rocambolesca, che ha ricostruito in tutte le sue parti “oscure” e le ha affidate all’attenzione di quanti sono interessati a chiarire.
Il lavoro di Matteucci farà sicuramente discutere e ciò ribadisce ancora una volta l’attualità di un argomento che da sempre ha tenuto banco come tutte le questioni legate al sommo Dante, esule da Firenze ma cittadino onorario di Ravenna.

Franco Gabici,
Autore della prefazione